lunedì 26 marzo 2018

L'Aikido giusto e l'Aikido sbagliato

 "Fai la tecnica giusta"!
"Ho fatto un movimento sbagliato..."

Quante volte ci siamo espressi in questo modo sul tatami, o abbiamo sentito altri farlo?

Da un punto di vista prettamente didattico, magari la capacità di copiare il movimento proposto dall'Insegnante può essere più o meno marcata... portando a risultati definibili come "buoni" o "cattivi"...

... tuttavia non è nostro vezzo ricordare che l'Aikido è una disciplina intrisa di una certa dose di spiritualità.

Cosa compota questo?

Che ciò che da un punto di vista molto terreno, umano e materiale ci possa essere un'evidente polarità con la quale le cose accadono e si manifestano... ma, da una prospettiva spirituale, ogni tradizione indica che la dualità altro non è se non un epifenomeno illusorio.

E quindi?!

C'è il giorno e la notte, la bellezza e la bruttezza, il sopra ed il sotto, tori ed uke: come fare a credere che la dualità non esista?!

Non si tratta infatti di credere proprio a nulla, ma di sperimentare con la propria esperienza.

Anche il linguaggio funziona su parametri duali, quindi non è il migliore veicolo per affrontare questo argomento... ma sul tatami abbiamo il nostro corpo, la nostra mente ed il nostro spirito... che sono gli strumenti più adatti invece per farlo, se usati fra loro in modo integrato!

Ci sono alcuni livelli differenti di prospettiva nei quali si può ambientare la nostra azione/ricerca

Facciamo un balzo involutivo all'indietro: per una cellula, per un uomo primitivo la dualità fondamentale affrontata ogni attimo era "vita/morte": spesso la vita di un soggetto SIGNIFICAVA la morte di un altro.

A questo livello, la dualità non solo risulta molto accentuata, ma sembrerebbe non dare ombra di dubbio della propria beffarda esistenza!

Ci evolviamo di qualche migliaio di anni ed incontriamo la prospettiva "del soldato": dal suo punto di vista ogni azione può essere connotata dal binomio "vittoria/sconfitta"... o dalla capacità di uniformarsi (o meno) agli ordini che gli vengono dati.

Molto del Budo (anche attuale) è nato sotto questa prospettiva, quindi fare "Aikido bene" significava/significa "fare Aikido come il tuo Comandante/Sensei" ti ha chiesto di farlo.

La prospettiva del soldato non è questo malaccio, tuttavia il suo tallone d'Achille è quello di combattere le guerre di altri e per gli altri, rinunciando ad un suo punto di vista critico di quanto avviene e della coerenza di quanto gli viene chiesto di obbedire.

Fra tutti i soldati del mondo, per fortuna... ogni tanto nasce un GUERRIERO: che differenza c'è fra loro?

Entrambi combattono, solo che il guerriero combatte le PROPRIE guerre, rifacendosi agli ideali di "giusto/sbagliato" che sono dentro a sé; ciascuno diventa quindi responsabile del proprio sistema di valori, manifestandolo nel mondo con coerenza... ed assumendosi anche la responsabilità degli eventuali errori di valutazione commessi.

Ai ranghi altri del Budo vi erano e vi sono guerrieri, non soldati: anche in Aikido quindi, se appartenete ad una Scuola che tende a trasformarvi in tante piccole copie del big-boss di turno... ora saprete che vi state rendendo schiavi con le vostre mani, restandoci dentro!

Un Insegnante di medio livello non vorrà mai creare cloni, meno che mai suoi subalterni: vi chiederà di pensare con la vostra testa, in misura di quanto egli stesso è guerriero anziché soldato.

Un Insegnante di alto livello si contraddistingue invece per quanto sia contrario ad ogni forma di conformismo e assoggettamento a regole non intimamente condivise.

Fra tutti gli Insegnanti di alto livello (in ogni campo, s'intenda bene!) ogni tanto troveremo fra loro un SAGGIO... che se dovesse ingaggiarsi dualmente, lo farebbe per scegliere fra "migliore e peggiore".

I suoi sforzi sono costantemente orientati nel tentativo di fare un passo relativamente più avanti rispetto a ciò che era: vedete che la bipolarità inizia a vacillare in modo abbastanza evidente...

... in quanto viene introdotto prima il principio di "etica interna/moralità" (già nel guerriero), quindi ci imbattiamo in una discorso in cui il RELATIVO diventa qualcosa di imprescindibile.

Giusto/sbagliarto rispetto a che cosa?

Migliore/peggiore rispetto a che cosa?

Il meglio di domani potrebbe passare per qualcosa che percepiamo peggiore rispetto a ieri, quindi un osservatore poco attento e troppo incline a giudizi affrettati potrebbe pensare che ci si sta muovendo nella direzione "sbagliata" (vedete come il linguaggio è duale?!), anche se così non fosse.

Fra molti saggi, di certo a fare attenzione ci accadrà di poter incontrare anche qualche MISTICO: questa importante categoria di persone ha una visione più spirituale che materiale... è come dire che appoggia ancora saldamente i piedi su questa terra, ma ha già una consapevolezza che permea livelli molto meno causali.

Il mistico, nei suoi pensieri, azioni e discorsi, cercherà di perseguire un binomio sempre meno marcatamente duale... ovvero "parziale/completo".

Una tecnica quando è parziale?
Quando è formalmente magari anche ben perforata, ma è priva di principi al suo interno.

Quand'è che un gesto è "completo"?
Quando magari è anche realizzato al di fuori di un contesto tecnico, ma è in sé auto-supportante, esaustivo, congruente, assoluto.

Non appena ci muoviamo dalla grezza materia alle vette più alte della consapevolezza, "cosa sia giusto e cosa sia sbagliato" sembra essere sempre meno il punto, insomma!

Ma allora... il bene ed il male esistono?

Sono termini polari, quindi parzialmente illusori: ciò che un individuo percepisce come "male" per sé, potrebbe corrispondere a quanto un altro giudicherebbe "bene": nessuno dei due avrebbe quindi in contemporanea torto o ragione completa (vedete la dualità come si insinua volentieri nel linguaggio?).


"Ciò che il bruco chiama fine del mondo il resto del mondo chiama farfalla", recita un celebre aforisma attribuito a Lao Tsu...

Ne segue che l'Aikido del "giusto" e dello "sbagliato" è solo un minuscolo pezzo della pratica che possiamo fare: basarsi SOLO su questo frammento risulta un tantino limitativo con il tempo.

Non affermiamo che "siccome giusto e sbagliato sono cose relative" allora ciascuno può fare come crede: non è all'anarchia che vuole indurre la nostra riflessione!

All'inizio qualche paletto chiaro e (apparentemente) duale forse sarà necessario... ricordiamoci poi solo di rimuoverlo quando non lo dovesse essere più, altrimenti richiamo di perderci la parte più ampia ed interessante delle nostre esperienze...

... quelle cioè di farne di piene, complete e di imparare a farcene qualcosa... sia che risultino gratificanti, che frustranti!

Possediamo una lingua stupenda: l'italiano è uno dei sistemi linguistici più complessi e completi del panorama internazionale... riflettiamo, ad esempio, sul significato della parola "ERRARE";

... significa "sbagliare", ma anche "vagare/andare in giro/spostarsi senza una precisa meta": la vita talvolta è un ERRARE... nell'ultima accezione che abbiamo descritto però.

Si fanno "errori" vivendo?
CERTO!

Si potrebbe prescindere da ciò?
Non crediamo sia possibile...

Quindi che valore può esserci in un "errore", in un "errare"?
Il valore dell'esperienza di sicuro!

Prendiamo le distanze quindi da chi ci dice SOLO di "fare giusto" e di "evitare l'errore"... poiché alla lunga avrà da noi la delega di ingabbiarci in un sistema di credenza "parziali" (direbbe forse un mistico).

Chi può arrogarsi poi il diritto di dire AD UN ALTRO cos'è giusto e cosa non lo è, visto che egli stesso si trova immerso in questo "errare" comune a spasso per la vita?

Facciamo così... facciamo come Gialal al-Din Rumi: sospendiamo il giudizio ed incontriamoci in un luogo al di là di ogni forma di dualità che falsa la visione delle cose, in Aikido, come nel nostro quotidiano.





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