lunedì 12 marzo 2018

Che cos'è l'Evolutionary Aikido? (parte seconda)

Solo nelle ultime settimane abbiamo collezionato 6 messaggi privati di lettori che ci chiedevano cosa fosse l'Evolutionary Aikido... di cui vi abbiamo già accennato numerose volte in questo Blog.

Ne avevamo parlato qualche anno fa (troverete tutto QUI), ma forse è il caso di fare un update delle info, a questo stadio dell'opera.

Come saprete (o forse no), il nostro Dojo-Cho Marco, così come tutti i membri del nostro Dojo, sono parte di una comunità internazionale, chiamata appunto Evolutionary Aikido Community (E.A.C.).

Di cosa si tratta?

É un'Associazione, così come tante ce ne sono sul panorama Aikidoistico mondiale, tuttavia presenta delle caratteristiche del tutto inedite rispetto alle altre, quindi di seguito proveremo a sottolinearne le peculiarità.

É un'organizzazione direttamente collegata all'Aikikai Honbu Dojo, ma non specificamente collocata a livello territoriale: al momento i responsabili sono in Svizzera, ma ci sono membri che risiedono in tutta Europa, così come negli States.


Ha messo al centro una "visione" dell'Aikido, anziché una persona o uno stile di pratica: i senpai si occupano di alimentare e custodire questa visione, ma chiunque ha chiaro che la Community è qualcosa do organico, di vivo... quindi le decisioni vengono prese in modo comunitario, e non possono perciò piovere dall'alto... come accade di solito nelle Associazioni di questo tipo.

quali sono gli elementi che contraddistinguono questa visione?

Crediamo che l'Aikido sia una disciplina utilizzabile con ottimi risultati per esplorare e supportare l'evoluzione personale di ogni singolo praticante... traghettandolo verso una nuova dimensione di se stesso.

La tecnica - quando la si utilizza - diviene uno STRUMENTO al servizio di ciò, ma non è detto che se ne debba fare necessariamente utilizzo, così invece come avviene in un corso di Aikido di tipo tradizionale.

Ma cosa si fa quindi in pratica in uno stage o in una lezione di Evolutionary Aikido?

Ne approfittiamo del seminario che si è appena svolto nel nostro Dojo per darvene un'idea.

Nella lezione di venerdì sera abbiamo esplorato il timing di un'entrata su un fendente frontale, prima portato con il bokken, quindi con uno shomenuchi a mani nude.

Su questo attacco, abbiamo lavorato sulla possibilità di toccare il centro del nostro uke, e condurlo al tatami, bloccandolo con diverse leve articolari di tipo poco convenzionale... prestando particolare attenzione a non utilizzare il dolore come strumento coercitivo, ma al contrario sperimentando una "unione" che non lasciasse al partner la possibilità di alzarsi, mantenendo però vivo ed attivo un canale di comunicazione con esso.

Il leitmotiv è stato: il dolore distrugge la relazione, noi vogliamo preservare noi stessi, l'altro ed anche la relazione che ci lega, anche e soprattutto in condizioni conflittuali.

Sabato mattina: abbiamo iniziato a giocare trasformando kotegaeshi in nikyo ura... e quindi in sankyo e nuovamente in kotegaeshi, mantenendo il flusso del movimento e la connessione con il nostro partner. Il termine tecnico di questa pratica è kanren waza o renraku waza.

Nel pomeriggio abbiamo fatto una serie di esercizi a corpo libero che ci facessero percepire la differenza fra "distruggere l'equilibrio" (kuzushi), "toccare l'equilibrio" (una sensazione più soft, nella quale tori ha consapevolezza di essere in contatto con il centro di uke), e "condividere l'equilibrio" (lasciarsi entrambi andare ad un cambiamento di equilibrio che riguarda sia uke, che tori).

Dominica mattina siamo partiti da una pratica tecnica: ryote dori ten chi nage... però ci siamo via via concentrati sulle sensazioni provenienti...
- dalla destra e dala sinistra del corpo;
- dal basso e dall'altro  del corpo;
- dalla parre anteriore e posteriore del corpo;

Abbiamo poi provato ad integrare queste sensazioni, per rendere il nostro movimento più pieno, essenziale ed immediato.

La tecnica ha fatto da tramite per tutto ciò, quindi l'abbiamo abbandonata, cercando però di mantenere vive le consapevolezze maturate attraverso la pratica precedente.

Al termine abbiamo praticato un movimento libero di tori basato su un attacco libero di uke... sulle note di musica live (percussioni, chiatta, digeridoo) gentilmente offerta da alcuni allievi del dojo, che di professione fanno i musicisti.

Altra cosa importante: in questo tipo di appuntamento si trova anche tempo per parlare, per esprimere le proprie emozioni, per dare agli altri rimandi di sé in merito alle proprie opinioni, sensazioni e prospettive.

Per il genere di lavoro proposto, ciò che fa la differenza in questo tipo di eventi è la capacità e l'intenzione di mettersi in gioco, di esplorare territori nuovi e spesso sconosciuti attraverso la pratica dell'Aikido... e forse darsi anche la libertà di uscirne cambiati/rinnovati, in qualche modo.

Per questa ragione, nessuno ha il completo controllo di ciò che accade durante una lezione o un week end, nemmeno il Docente che tiene il corso o il Seminar: il gruppo nella sua interezza "pilota" il suo stare insieme, che si orienta spontaneamente in una direzione utile ai partecipanti, sia che ciò avvenga in modo consapevole, che inconscio.

Al seminario hanno partecipato una cinquantina di adulti, provenienti Italia, Francia e Svizzera, oltre ad una decina di bambini/ragazzi ai quali è stata dedicata una lezione speciale sabato nel primo pomeriggio.

Questo tipo di evento di solito è sold-out oltre un mese prima della data in cui avviene, mette su uno stesso tatami praticanti ed insegnanti provenienti da percorsi ed esperienze Aikidoistiche diversissime fra loro.

L'E.A.C. sta crescendo notevolmente, in modo silenzioso ma continuo: il prossimo appuntamento ITALIANO sarà a fine giugno, sempre nel nostro Dojo, che per la seconda volta nel giro di pochi anni ospiterà l'Aiki Nomad Seminar, di cui vi abbiamo già ampiamente parlato in passato.

A questo punto, non vi resta altro che venire a provarlo ed a trovarci di persona!!!




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